Sfruttamento della prostituzione: arrestato L’ordine di carcerazione eseguito dai Carabinieri di Termoli
1 Dicembre 2020(PressMoliLaz) Termoli (CB), 01 dic 20 I militari della Stazione Carabinieri di Termoli, dipendente dal locale Comando Compagnia dell’Arma, hanno dato esecuzione ad un ordine di carcerazione, emesso dall’Ufficio Esecuzioni Penali della Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Campobasso nei confronti di un 50enne termolese.
Sul capo dell’uomo pendeva l’accusa di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, in violazione degli articoli 3 e 8 della Legge 75/1958.
L’odierno provvedimento scaturisce da una sentenza di condanna ad anni 3 (tre) e mesi 4 (quattro) di reclusione, emessa dalla Corte d’Appello di Campobasso in seguito a una serie di condotte illecite tenute dall’uomo tra dicembre 2010 e maggio 2014.
In particolare, nel corso delle indagini era stato documentato che il 50enne, all’interno di un locale da lui gestito, organizzava sistematicamente incontri a sfondo sessuale tra i clienti del predetto esercizio e alcune sue dipendenti, dietro pagamento di un corrispettivo in denaro.
Tutto ciò, alla luce di quanto appurato, aveva tra l’altro condotto anche alla chiusura definitiva dell’attività gestita dall’uomo.
Il 50enne pertanto, previa notifica ed esecuzione del provvedimento, è stato tradotto presso la casa circondariale di Rieti per ivi espiare in regime detentivo, al netto della detenzione pregressa, la pena residua di anni 2 (due), mesi 11 (undici) e giorni 13 (tredici) di reclusione.
Certamente meritevole l’operato dei Carabinieri della Stazione di Termoli (CB) che, nell’ambito delle più ampie direttive del Comando Provinciale di Campobasso, continuano a porre sempre la massima attenzione verso i reati di maggior allarme sociale ed in particolare di quelli in danno delle cosiddette “fasce deboli” che purtroppo, in diverse occasioni, non vengono denunciati per via delle condizioni di percepita impotenza, amplificata peraltro – nel caso di specie – dal fatto che l’autore del reato fosse proprio il datore di lavoro delle stesse vittime.