Fanelli su Recovery Fund: “serve rimboccarsi le maniche per non sprecare un’occasione storica”
21 Gennaio 2021(PressMoliLaz) Campobasso, 21 gen 21 Sul Recovery Fund la capacità programmatica, progettuale e di visione del Molise è stata di fatto bocciata. E a nulla serve la smania del presidente Toma di intitolarsi meriti che non esistono. Ci ha provato ieri, durante la discussione, in Consiglio regionale, di una mozione delle minoranze sui progetti strategici della linea ferroviaria. Ma tutto quello che Toma ha raccontato in Aula, non trova riscontro nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza aggiornato al 12 gennaio e approvato dal CdM.
Come ho ribadito nel mio intervento che vi ripropongo qui, nessuna delle 67 proposte avanzate dalla nostra Regione è stata accolta. Lo avevamo detto con largo anticipo e solo dopo uno studio dettagliato di tutte le schede progettuali presentate dal Molise. E oggi avremmo certamente preferito evitare di dover rivestire nuovamente i panni della ‘Cassandra’ di turno. Ma quella scatola vuota per 3 miliardi di euro e composta da progetti senza alcuna possibilità di finanziamento, come previsto è stata rimandata al mittente.
Nel PNRR, a pagina 96, l’unico intervento relativo al Molise è quello della linea ferroviaria Termoli-Campobasso e Venafro. Toma se n’è intestato il merito ma sappiamo benissimo che parliamo di un intervento relativo alle Ferrovie dello Stato e a valere sui Fondi di Sviluppo e Coesione. Una riprova ulteriore della mancanza di visione emersa dalle proposte che sono giunte dal Molise. Stessa cosa dicasi per l’intervento sulle Zone Economiche Speciali che è citato nel documento ma è onnicomprensivo, implicitamente e potenzialmente. Quindi potrà aiutare anche la nostra Zes Adriatica, ma la modernizzazione del porto di Termoli non c’è: non ci sono nessuno dei tre progetti candidati a differenza di altri porti. Come a dire: menomale che il Governo nazionale continua a voler puntare sullo strumento attrattivo e di rilancio delle Zone Economiche Speciali perché se stesse alle capacità di Toma di farsi approvare i progetti presentati, staremmo freschi!
L’unica speranza resta ora quella che, in vista della seconda e nuova fase sulle scelte relative al Recovery, la Regione Molise sappia avere una spinta proattiva e, soprattutto, capacità di proposta percorribile. Perché se ciò non dovesse accadere il rischio concreto è che il Molise rischia di “non portare nulla a casa”. E questo davvero la nostra regione non può permetterselo. I molisani e la nostra terra non lo meritano!
Noi, intanto, continueremo a lavorare perché ciò non accada. Ieri sera, in un incontro promosso dal Circolo e dalla Federazione PD di Isernia, per la cui organizzazione ringrazio Luciano Sposato, Vittorino Facciolla e in particolare Maria Teresa D’Achille, nonché a tutti i militanti e coloro che hanno voluto partecipare, sono emerse proposte di miglioramento che, insieme all’Europarlamentare, Andrea Cozzolino, proveremo a sostenere. D’altronde così mi sono mossa anche io fin qui. Non a caso dalla prima alla seconda versione del documento si registra un miglioramento degli interventi per la prevenzione e per la ricostruzione post-terremoto. Nella prima versione erano citati i sismi che avevano riguardato altre aree del Paese. Nell’ultima, invece, le misure sono potenzialmente utilizzabili da tutti i territori, incluso il Molise e soprattutto l’area del cratere del 2002 e la zona di Guglionesi per quello del 2018. Ampliamento questo, avvenuto grazie alle richieste che ho più volte avanzato in sede nazionale e che, alla fine, sono state accolte.
Così come in queste ore stiamo argomentando la necessità di prevedere la riserva territoriale in favore del Sud che nel documento non c’è. Temiamo che neanche la versione finale conterrà la previsione per le opere pubbliche, per le quali prevarrà soprattutto un tema di maturità della progettualità, ma per quanto riguarda le imprese andrebbe chiesto a gran voce. Gli appostamenti delle misure per la competitività imprenditoriale, a mio avviso infatti, dovrebbero prevedere una destinazione territoriale minima verso chi decide di insediarsi da noi. Una sorta di riserva. Senza, rischiamo di non vedere un potenziamento del nostro tessuto poiché alcune sfide, come ricerca e innovazione, per una parte delle nostre imprese sono ancora ardue. Senza riserva per il Sud, le risorse rischiano di prendere una via tutta spostata verso territori più competitivi.
Nelle sedi politiche e di rappresentanza continueremo a chiedere che si possa lavorare su queste leve. Noi faremo la nostra parte. Il problema è che non c’è nessuno al timone che faccia bene la sua.