Il testo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, serie L, in data 8 maggio 2024 e i 27 paesi membri avranno due anni di tempo per recepirla nei rispettivi ordinamenti.
Di seguito si sintetizzano alcuni degli interventi di maggiore rilevanza introdotti con la suddetta direttiva europea.
La normativa in esame disciplina “un piano nazionale di ristrutturazione degli edifici per garantire la ristrutturazione del parco nazionale di edifici residenziali e non residenziali, sia pubblici che privati” al fine di realizzare un parco immobiliare ad alta efficienza energetica entro il 2050.
A tal proposito, l’art. 3 della direttiva in questione individua il contenuto che ciascun piano di ristrutturazione nazionale deve contenere. Ogni cinque anni ciascuno Stato membro elabora e trasmette alla Commissione la propria proposta di piano nazionale di ristrutturazione degli edifici.
Rispetto agli edifici di nuova costruzione, la direttiva impone agli Stati membri di provvedere affinché gli edifici di nuova costruzione siano a emissioni zero, secondo i parametri indicati all’art. 11 della medesima direttiva. I criteri indicati dalla direttiva per la costruzione degli edifici green dovranno essere osservati “a decorrere dal 1° gennaio 2028, gli edifici di nuova costruzione di proprietà di enti pubblici” e “a decorrere dal 1° gennaio 2030, tutti gli edifici di nuova costruzione”.
La norma precisa altresì che “fino all’applicazione dei requisiti di cui al primo comma, gli Stati membri provvedono affinché tutti gli edifici di nuova costruzione siano almeno a energia quasi zero e soddisfino i requisiti minimi di prestazione energetica fissati conformemente all’articolo 5 (della direttiva)”.
L’art. 10 della direttiva prevede che “Gli Stati membri provvedono affinché tutti i nuovi edifici siano progettati in modo da ottimizzare il loro potenziale di produzione di energia solare sulla base dell’irraggiamento solare del sito, consentendo l’installazione successiva di tecnologie solari efficienti sotto il profilo dei costi”.
La norma in questione si occupa anche d’individuare le modalità attraverso cui assicurare l’installazione di impianti solari adeguati.
La direttiva individua altresì le ipotesi in cui gli Stati membri sono legittimati a non fissare o applicare i requisiti minimi di prestazione energetica, esonerando così talune categorie edilizie, quali:
- gli edifici di proprietà delle forze armate o del governo centrale e destinati a scopi di difesa nazionale, ad eccezione degli alloggi individuali o degli edifici adibiti a uffici per le forze armate e altro personale dipendente dalle autorità preposte alla difesa nazionale;
- gli edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose;
- fabbricati temporanei con un tempo di utilizzo non superiore a due anni, siti industriali, officine ed edifici agricoli non residenziali a basso fabbisogno energetico, nonché edifici agricoli non residenziali usati in un settore disciplinato da un accordo nazionale settoriale sulla prestazione energetica;
- edifici residenziali che sono usati o sono destinati ad essere usati meno di quattro mesi all’anno o, in alternativa, per un periodo limitato dell’anno e con un consumo energetico previsto inferiore al 25 % del consumo che risulterebbe dall’uso durante l’intero anno;
- fabbricati indipendenti con una superficie utile coperta totale inferiore a 50 metri quadrati.
La direttiva introduce un sistema per i passaporti di ristrutturazione, in formato digitale, che potranno essere utilizzati su base volontaria dai proprietari degli edifici interessati dagli interventi, a meno che lo Stato membro non decida di rendere detto sistema obbligatorio.
La norma inoltre prevede che “Gli Stati membri possono consentire che il passaporto di ristrutturazione sia redatto e rilasciato contestualmente all’attestato di prestazione energetica”.
La direttiva si occupa di disciplinare anche le infrastrutture in tema di mobilità sostenibile, stabilendo in particolare che “gli edifici non residenziali di nuova costruzione con più di cinque posti auto e gli edifici non residenziali sottoposti a ristrutturazioni importanti, con più di cinque posti auto, gli Stati membri provvedono:
a) all’installazione di almeno un punto di ricarica ogni cinque posti auto;
b) all’installazione del pre-cablaggio per almeno il 50 % dei posti auto e delle canalizzazioni, segnatamente condotti per cavi elettrici, per i posti auto rimanenti, per consentire in una fase successiva di installare punti di ricarica per veicoli elettrici, cicli con pedalata assistita elettricamente e altri veicoli della categoria L; e
c) a posti bici che rappresentino almeno il 15 % della media o il 10 % della capacità totale di utenza degli edifici non residenziali, tenendo conto dello spazio necessario anche per biciclette di dimensioni maggiori rispetto a quelle standard”.
Inoltre, gli Stati membri provvedono, per tutti gli edifici non residenziali con più di 20 posti auto, entro il 1º gennaio 2027:
“a) all’installazione di almeno un punto di ricarica ogni 10 posti auto o di canalizzazioni, segnatamente condotti per cavi elettrici, per almeno il 50 % dei posti auto per consentire l’installazione in una fase successiva di punti di ricarica per veicoli elettrici; e
b) alla fornitura di posti bici che rappresentino almeno il 15 % della media o il 10 % della capacità totale di utenza dell’edificio e con lo spazio necessario anche per biciclette di dimensioni maggiori rispetto a quelle standard”.
La nuova direttiva mira all’eliminazione dell’uso dei combustibili fossili, fissando il target al 2040 anno in cui le caldaie a metano dovranno essere totalmente eliminate.
A partire dal 2025, invece, sarà vietata la concessione di sovvenzioni alle caldaie autonome a combustibili fossili.