Cedolare secca: la Cassazione dice no all’agenzia “legislatore”
8 Luglio 2024
(PressMoliLaz) 08 Lug 24 La Cassazione interviene su una lunga disputa tra i proprietari di immobili e l’Agenzia delle Entrate riguardo all’applicabilità della cedolare secca ai contratti in cui il conduttore non è persona fisica
La tematica della cedolare secca per la quale la legge prevede che il locatore non deve svolgere attività di impresa, per godere dell’agevolazione fiscale, mentre il conduttore può essere, anche, un imprenditore che ha solo l’obbligo di adibire l’immobile ad abitazione, non pone nessun problema ermeneutico. In sostanza la norma è chiarissima il locatore non deve svolgere attività d’impresa, mentre è irrilevante l’attività svolta dal conduttore. Invece, l’Agenzia ha ritenuto di sostituirsi al legislatore, introducendo limiti e condizioni non previste dalla normativa vigente. Gli interventi a gamba tesa dell’Agenzia delle entrate nella normativa fiscale sono diventati così tanti che forse sarebbe opportuno approfittare dell’attuale riforma tributaria per sancire una specifica responsabilità erariale per i danni arrecati al contribuente che nel timore di andare incontro a sanzioni fiscali opta per adeguarsi alla prassi, fatta una valutazione di costi e benefici, pur nella consapevolezza dell’arbitrarietà dell’interpretazione.
Per una corretta comprensione dell’interpretazione data dalla Corte di Cassazione alla normativa sulla cedolare secca è doveroso procedere a una disamina della relativa normativa contenuta nel decreto legislativo 23/2011 e dell’interpretazione che ne ha dato l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n.26/2011 e la risoluzione n. 50/2019.
Il proprietario o il titolare di un diritto reale di godimento su un’unità immobiliare può scegliere ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, come alternativa opzionale al regime ordinario, per la tassazione del reddito del canone di locazione relativo ai contratti che riguardano immobili a uso abitativo e le relative pertinenze locate insieme all’abitazione, a sua discrezione, un’imposta applicata sotto forma di cedolare secca, che sostituisce l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali, nonché le imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione. La cedolare secca prende il posto anche delle imposte di registro e di bollo che sarebbero dovute in caso di risoluzione e proroghe del contratto di affitto.
Sull’importo annuale del canone di locazione stabilito dalle parti, la cedolare secca si applica con un’aliquota del 21%. Il regime della cedolare secca può essere esteso anche ai contratti di locazione per i quali non è richiesta la registrazione.
1. Per i contratti stipulati secondo le disposizioni degli articoli 2, comma 3, e 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, relativi ad abitazioni situate nei comuni di cui all’articolo 1, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e negli altri comuni con alta tensione abitativa individuati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, l’aliquota della cedolare secca calcolata sul canone pattuito dalle parti è ridotta al 10 per cento. Sui contratti di locazione che riguardano immobili ad uso abitativo, qualora siano soggetti alla cedolare secca di cui al presente comma, non si applicano le imposte di registro e di bollo alla garanzia fornita per il conduttore. Nei casi di mancata richiesta di registrazione del contratto di locazione si applica l’articolo 69 del testo unico delle disposizioni relative all’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131. La mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga del contratto non comporta la revoca dell’opzione esercitata al momento della registrazione del contratto di locazione, purché il contribuente abbia mantenuto un comportamento coerente con la volontà di optare per il regime della cedolare secca, effettuando i relativi pagamenti e dichiarando i redditi da cedolare secca nel relativo quadro della dichiarazione dei redditi;
2. Il pagamento della cedolare secca deve essere effettuato entro la scadenza prevista per il pagamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Non è previsto alcun rimborso per le imposte di bollo e di registro che potrebbero essere state pagate in precedenza.
3. Per la liquidazione, l’accertamento, l’incasso, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi e il contenzioso relativi ad essa si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, sono stabilite le modalità di esercizio dell’opzione di cui al comma 1, nonché di pagamento in acconto della cedolare secca dovuta, nella misura dell’85 per cento per l’anno 2011, del 95 per cento dal 2012 al 2020 e del 100 per cento dal 2021, e del pagamento a saldo della medesima cedolare, nonché ogni altra disposizione utile, anche dichiarativa, ai fini dell’attuazione del presente articolo. Particolare attenzione deve essere posta alla lettura delle disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 del citato articolo 3 del decreto legislativo n. 23/2011 che non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di un’attività d’impresa, o di arti e professioni. Il reddito derivante dai contratti di cui al presente articolo non può essere, comunque, inferiore al reddito determinato ai sensi dell’articolo 37, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. L’opzione menzionata nel primo comma può essere applicata anche alle unità immobiliari residenziali affittate a cooperative edilizie per la locazione o entità senza scopo di lucro, come indicato nel libro I, titolo II del codice civile, a condizione che siano subaffittate a studenti universitari e messe a disposizione dei comuni rinunciando all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione.
L’articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, noto come “Disposizioni in materia di Federalismo Fiscale Municipale”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 67 del 23 marzo 2011 e in vigore dal 7 aprile 2011, ha stabilito un nuovo sistema opzionale di tassazione per i redditi provenienti da affitti residenziali a partire dal 2011.
Questo regime opzionale di tassazione è riservato ai privati cittadini che possiedono diritti di proprietà o altri diritti reali su unità abitative affittate, purché non siano coinvolti in attività imprenditoriali o professionali. Optando per questo regime, il canone di locazione è soggetto a una tassa forfettaria, nota come “cedolare secca”.
Questo sistema rappresenta un’alternativa alla tassazione ordinaria. Se il proprietario dell’immobile sceglie la cedolare secca, durante il periodo di validità dell’opzione, non si applicano:
- l’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF), calcolata secondo le aliquote progressive per fasce di reddito, e le relative addizionali sul reddito fondiario prodotto dall’immobile affittato;
- l’imposta di registro dovuta sul contratto di locazione, generalmente pari al 2% del canone concordato;
- l’imposta di bollo sul contratto di locazione, pari a 14,62 euro per ogni foglio.
La tassa forfettaria, nota anche come “cedolare secca”, prende il posto delle imposte di registro e di bollo, nel caso in cui siano dovute, per quanto riguarda le risoluzioni e le proroghe del contratto di affitto.
In generale, l’opzione per la cedolare secca permette al locatore di applicare un regime di tassazione semplificato e vantaggioso. Tuttavia, l’opzione ha anche effetti sul conduttore, che durante il periodo di validità dell’opzione, non è più tenuto a versare l’imposta di registro sul contratto di locazione stipulato.
Inoltre, durante il periodo di validità dell’opzione, il locatore non può chiedere l’aggiornamento del canone, anche se questa possibilità è prevista nel contratto di locazione. Per questo motivo, il proprietario deve informare in anticipo l’inquilino, attraverso una lettera raccomandata, della sua decisione di esercitare l’opzione e di rinunciare all’aggiornamento dell’affitto.
L’imposta dovuta sotto forma di cedolare secca è calcolata applicando un’aliquota ordinaria del 21%.
L’aliquota è ridotta al 10% per i contratti a canone concordato disciplinati dall’articolo 2, comma 3, della legge n. 431 del 9 dicembre 1998 e per i contratti previsti dall’articolo 8 della stessa legge relativi ad abitazioni situate nei comuni con carenze di disponibilità abitative individuati dall’articolo 1, comma 1, lettere a) e b) del decreto-legge n. 551 del 30 dicembre 1988 e negli altri comuni con alta tensione abitativa individuati dal CIPE.
Il Direttore dell’Agenzia delle entrate, con il Provvedimento del 7 aprile 2011, ha definito, in base all’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo, le modalità di esercizio dell’opzione, i termini e le modalità di versamento in acconto e a saldo della cedolare secca.
Questa circolare fornisce chiarimenti sull’applicazione del nuovo regime di tassazione sostitutiva. Nel seguito, con TUR si intenderà il “Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro” approvato con DPR n. 131 del 26 aprile 1986 e con TUIR il “Testo unico delle imposte sui redditi” approvato con DPR n. 917 del 22 dicembre 1986
La scelta di adottare il sistema della cedolare secca è un’opzione disponibile solo per il proprietario, un individuo che detiene il diritto di proprietà o qualsiasi altro diritto reale di usufrutto sulla proprietà.
La riserva a favore delle persone fisiche deriva dall’insieme dell’articolo 3 del decreto legislativo che, assoggettando il reddito fondiario derivante dalla locazione alla cedolare secca, comporta anche l’obbligo, al comma 7, di considerare tale reddito ai fini della determinazione dell’imposta personale, in termini di riconoscimento della spettanza o di determinazione di deduzioni, detrazioni fiscali, nonché di altri benefici, anche di natura non tributaria; da cui anche la rilevanza ai fini dell’indicatore della situazione economica equivalente (I.S.E.E).
Quindi, le società di persone, le società di capitali, così come le entità commerciali e non commerciali, non sono ammesse al sistema della cedolare secca.
Ai sensi del comma 6 dell’articolo 3 del decreto legislativo, non possono optare per il regime della cedolare secca i soggetti che procedono alla locazione di immobili ad uso abitativo nell’esercizio dell’attività di impresa o di arti e professioni.
Per gli immobili abitativi locati posseduti pro quota, l’opzione per il regime della cedolare secca può essere esercitata separatamente da ciascun titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento e ha effetti solo nei confronti dei locatori che l’hanno esercitata. Il sistema della cedolare secca può quindi essere applicato anche in relazione a una parte dell’immobile affittato. Tuttavia, non è possibile optare per questo regime per i redditi derivanti dall’affitto di immobili residenziali che fanno parte di una proprietà condominiale, a causa della specificità della situazione, delle regole che governano la gestione delle aree comuni e del fatto che i contratti sono solitamente stipulati e registrati dall’amministratore utilizzando il codice fiscale del condominio.
L’agenzia delle Entrate è pervenuta alla conclusione che il conduttore non poteva essere parte di un contratto di locazione che usufruiva dei benefici della cedolare secca, partendo dall’assunto che i predetti vantaggi riguardavano l’Irpef, relative addizionale e l’I.S.E.E. senza tenere in nessun conto il chiaro disposto dell’art. comma 6 che richiamava espressamente gli articolo 1, 3, 4 che si riferiscono esclusivamente al locatore che debba essere un individuo che non agisce nell’esercizio di un’attività d’impresa o di professioni per esplicita disposizione di legge. La normativa non fa riferimento alcuno all’eventuale esercizio dell’attività d’impresa o di professioni da parte del conduttore.
L’articolo 1, comma 59, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio per il 2019) ha esteso il regime della “cedolare secca” di cui all’articolo 3 del D.lgs. n. 23 del 2011alle unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1.
In base alle previsioni citate, le disposizioni contenute nel D.lgs. n. 23 del 2011 si applicano, se compatibili, ai canoni derivanti dalla stipula dei contratti di locazione in questione.
Il regime introdotto dall’articolo 3 del D.lgs. n. 23 del 2011, a partire dal 2011, è un regime opzionale di tassazione per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze. Questo regime sostituisce l’IRPEF e le relative addizionali, nonché le imposte di registro e di bollo, dovute per il contratto di locazione di immobili abitativi affittati a scopo abitativo da individui che non agiscono nell’esercizio di imprese o professioni.
Come chiarito dall’amministrazione con la circolare del 1° giugno 2011, n. 26/E, per applicare la ‘cedolare secca’ è necessario considerare anche l’attività del conduttore. Sono esclusi dal regime i contratti che riguardano immobili abitativi conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o professioni.
Tuttavia, questa ultima condizione non deve essere soddisfatta nel caso di locazione di immobili della categoria C/1, oggetto della presente domanda, dato che tali contratti riguardano immobili destinati ad attività commerciale.
Nelle schede di lettura alla legge di bilancio 2019 (AS 981 del 10 dicembre 2018) viene chiarito che la disposizione normativa introdotta con l’articolo 1, comma 59, della legge in commento riguarda la locazione di immobili di categoria catastale C/1, come negozi e botteghe o locali per attività commerciale di vendita o rivendita di prodotti. Sono escluse, ad esempio, le locazioni di immobili ad uso uffici o studi privati (categoria catastale A/10).
Pertanto, possono accedere al regime della ‘cedolare secca’ anche le locazioni di immobili di categoria catastale C/1 stipulate con conduttori, sia individui che entità societarie, che svolgono attività commerciale.
Per quanto riguarda il locatore, titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento sugli immobili, rimane fermo che debba essere un individuo che non agisce nell’esercizio di un’attività d’impresa o di professioni, come chiarito con la citata circolare n. 26/E del 2011.
L’errore dell’Agenzia delle Entrate commesso in sede di stesura della circolare n. 26/2011 è reso ancora più evidente dalla lettura della risoluzione n. 50/2019, che non solo non rileva ulteriori riflessioni, anzi ribadisce quei principi opinabili già espressi nel 2011. La nuova normativa “sostituisce l’IRPEF e le relative addizionali, nonché le imposte di registro e di bollo, dovute per il contratto di locazione di immobili abitativi (sic) affittati a scopo abitativo da individui che non agiscono nell’esercizio di imprese o professioni”. Tutto ciò nonostante negli anni si era sviluppato un diffuso contenzioso.
La Corte di Cassazione, V Sezione tributaria civile con la sentenza n. 12395 del 12 aprile 2024, potrebbe avere risolto una lunga disputa tra i proprietari di immobili e l’Agenzia delle Entrate riguardo all’applicabilità della cedolare secca anche ai contratti in cui il conduttore non è un individuo, ma nessuna persona di buon senso scarterebbe l’ipotesi che l’Agenzia attenda il consolidarsi della giurisprudenza sfavorevole alla sua tesi. La norma è sembrata, sempre, molto chiara anche al comune cittadino: la cedolare secca è riservata, solo, ai locatori che sono individui e che non agiscono nell’ambito di un’attività imprenditoriale o professionale. I problemi sono sorti, quando il conduttore era una persona giuridica, perché l’Agenzia delle Entrate, basandosi sulle due circolari interpretative da essa emesse [1], ha contestato l’applicazione della cedolare secca a tutti quei contratti in cui – pur essendo il locatore un individuo nel rispetto dell’art. 3 – i conduttori erano persone giuridiche.
Nella Circolare 26/E/2011, l’Agenzia fa delle considerazioni fiscali generiche e superficiali per sostenere il suo ragionamento: sostiene in sintesi che esiste, nella norma del 2011, una sorta di “riserva a favore delle sole persone fisiche” e ciò perché, a suo dire, dall’assoggettamento del reddito derivante dalla locazione con cedolare secca deriverebbe l’obbligo – per il locatore – di considerare tale reddito anche ai fini della determinazione dell’imposta personale dovuta (oltre ad altre considerazioni su deduzioni e detrazioni e vari benefici). Pertanto, si conclude che la cedolare secca non è applicabile alle entità giuridiche che prendono in affitto un immobile per uso residenziale.
Un ragionamento corretto se riferito solo ai locatori. Ma dato che la legge non parla di conduttori, ecco che l’estensione a loro del divieto diventa un atto arbitrario e illegittimo.
In sostanza, l’Agenzia ritiene che il regime alternativo non possa essere applicato a quei contratti in cui i conduttori agiscono nell’ambito di un’impresa, arte o professione, indipendentemente dall’uso effettivo dell’immobile. Quindi la conclusione – del tutto arbitraria – del Fisco è che non solo il locatore deve essere un individuo che opera al di fuori di un’attività imprenditoriale, ma deve anche essere necessariamente il conduttore, evidentemente per estensione analogica. Un ragionamento che – dopo anni di decisioni decisamente contrarie – ha “trovato appoggio” in una recente sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (n. 208 del 2020) che ha ritenuto – riformando una sentenza della Commissione Provinciale – che il comma 6 dell’art. 3, D.lgs. n. 23 del 2011 nell’escludere l’applicazione del regime sostitutivo di tassazione previsto dal comma 1 a favore del locatore che, pur se persona fisica, stipula una locazione di unità immobiliare ad uso abitativo effettuata nell’ambito di un’attività d’impresa, arte o professione, tale divieto si estenda anche all’ipotesi in cui sia invece il conduttore a esercitare l’attività d’impresa o arti o professioni. Un ragionamento del tutto infondato, che costituisce a tutti gli effetti violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 6, del D.lgs. il Decreto Legislativo n. 23 del 2011, secondo quanto affermato, è stato erroneamente interpretato dalla Commissione regionale, che ha equiparato i conduttori ai locatori per gli scopi in questione. Tuttavia, solo questi ultimi, che non agiscono nell’ambito di un’impresa, arte o professione, possono usufruire del regime della cedolare secca.
L’unico riferimento atto a giustificare la tesi dell’Agenzia delle Entrate sono le succitate Circolari, che non sono altro che atti amministrativi interni, funzionali esclusivamente all’attività interna della Pubblica Amministrazione e che, per nessun motivo, costituiscono fonti di diritto. La Cassazione afferma chiaramente che “è importante sottolineare che l’Amministrazione finanziaria non ha alcuna discrezionalità nel determinare le tasse: di fronte alle leggi fiscali, essa e il contribuente sono su un piano di parità, quindi l’interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari o risoluzioni, non è mai una fonte di diritto”.[2] Conseguentemente, la Circolare del 1/6/2011 n. 26/E, in quanto non manifesta attività normativa, essendo atto interno della stessa Amministrazione, è destinata ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti ed è, altresì, inidonea ad incidere sugli elementi costitutivi del rapporto tributario”.
Un orientamento, quello della Cassazione, che ha sempre caratterizzato le sentenze delle varie Commissioni provinciali e regionali, che hanno sempre censurato il fatto che l’Agenzia delle Entrate continua ad operare come se le sue circolari fossero a tutti gli effetti leggi dello Stato e non atti meramente interni.
Di certo è un atto arbitrario e del tutto illegittimo.
La Suprema Corte ha iniziato la sua valutazione del ricorso con un’analisi rigorosamente normativa. La Corte sottolinea infatti che il proprietario o il titolare di un diritto reale su unità immobiliari residenziali e relative pertinenze, affittate per uso abitativo e che hanno scelto il regime della “cedolare secca”, adempie effettivamente al proprio obbligo fiscale attraverso il pagamento, in acconto e a saldo, della stessa “cedolare secca”. La base imponibile è quindi determinata sulla base del canone di locazione annuale concordato tra le parti e in funzione di un’aliquota del 21% o, nel caso di contratti a canone concordato, di quella ridotta, che oggi è del 10% per i Comuni ad alta tensione abitativa. Ne deriva che il locatore, che sceglie questo regime fiscale agevolato, non può richiedere l’aggiornamento del canone. Come detto, questo regime potrà essere scelto solo ed esclusivamente quando il locatore non opera in regime di impresa, arte o professione. Questo è quanto stabilisce il Decreto del 2011, una norma che, come sottolinea la Corte, attribuisce esclusivamente al locatore la possibilità di optare per il regime fiscale della cedolare secca, senza che il conduttore possa in alcun modo influire su tale scelta e indipendentemente dal fatto che sia una persona fisica o giuridica.
Ma il ragionamento va oltre e sembra voler prevenire possibili obiezioni da parte del Fisco: la Corte, infatti, sottolinea come “il fatto che il regime fiscale in questione favorisca anche il conduttore – considerando l’esclusione dell’imposta di registro e l’aggiornamento del canone – non può certamente giustificare un’interpretazione dell’art. 3, comma 6, del D.lgs. n. 23 del 2011, che comporti una riduzione dell’ambito di applicazione della cedolare secca a danno del locatore, a cui è riservata la scelta e che è il principale beneficiario di tale regime”.
Essendo questo dato normativo, è ovvio per la Corte che il comma 6 non esclude affatto che, in base ai commi precedenti, il locatore possa esercitare l’opzione per la cedolare secca anche in riferimento a un contratto di locazione ad uso abitativo concluso con un conduttore imprenditore/professionista e riconducibile all’attività di quest’ultimo. E per chiarire meglio le cose propone il caso in cui l’immobile sia affittato a una cooperativa o ente senza scopo di lucro che abbia come oggetto del contratto la concessione in locazione a studenti universitari. I giudici hanno precisato, infatti, che la norma nella sua complessità prevede la possibilità per il locatore di optare per la cedolare secca in ragione non tanto del contratto di locazione concluso con conduttori cooperative edilizie per la locazione/enti senza scopo di lucro, ma piuttosto di quello di sub-locazione con studenti universitari: possibilità che, da un lato, prescinde dal tipo di contratto “madre” concluso (che potrebbe anche non essere una locazione ad uso abitativo), ma che, dall’altro lato, esige, al fine di evitare abusi o distorsioni della cedolare secca, la successiva stipula di un contratto di sub-locazione ad uso abitativo, con rinuncia all’aggiornamento ISTAT, a favore di studenti universitari o la messa a disposizione dei Comuni.
La Corte conclude che il ricorso merita accoglimento in virtù del seguente principio di diritto: “in tema di redditi da locazione, il locatore può optare per la cedolare secca anche nell’ ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale, atteso che l’esclusione di cui all’art. 3, sesto comma, il Decreto Legislativo n. 23 del 2011 si applica unicamente alle locazioni di immobili ad uso residenziale effettuate dal locatore nell’ambito di un’attività imprenditoriale o professionale”.
. E accogliendo il ricorso senza rinvio è come se avesse voluto mettere uno stop ad interpretazioni “stravaganti” ed illegittime dell’Agenzia delle Entrate e di alcune sparute Corti tributarie. E che questo possa essere un monito sembra volerlo confermare la decisione sulle spese: la Corte, infatti, ha precisato come solo l’assenza di precedenti giurisprudenziali giustifichi la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
La speranza, laddove il comportamento illegittimo del Fisco dovesse essere reiterato, è che nelle prossime pronunce la Corte condanni l’Ente al pagamento delle spese processuali di modo che, per i casi “recidivi”, si arrivi all’accertamento – da parte della Corte dei conti – della responsabilità contabile del dirigente.
La Corte conclude che il ricorso merita accoglimento in virtù del seguente principio di diritto: “in tema di redditi da locazione, il locatore può optare per la cedolare secca anche nell’ ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale, dato che l’esclusione di cui all’art. 3, sesto comma, d.lgs. il Decreto Legislativo n. 23 del 2011 si applica solamente alle locazioni di immobili residenziali effettuate dal locatore nell’ambito di un’attività imprenditoriale o professionale.
E accogliendo il ricorso senza rinvio, sembra voler mettere fine a interpretazioni “bizzarre” e illegittime dell’Agenzia delle Entrate e di alcune Corti tributarie isolate.
Forse dopo un ventennio di scelte ad libitum di Dirigenti, POER, Capi team è arrivato il momento di rivedere i criteri di selezione dei vertici dell’agenzia delle Entrate, mediante un rigoroso concorso pubblico come prescritto dalla Costituzione per selezionare alte professionalità tecniche attualmente deficitarie, invece di indire interpelli e pseudo selezioni psicologiche la cui efficacia e trasparenza è solo un mito, perché chi non sa non può organizzare.